Alla CHEVRON 1 (all’interno del contenitore di convention StarCon 2017, tenutasi a Chianciano Terme) il direttivo dello Stargate Fanclub Italia ha avuto la splendida occasione di incontrare e conoscere l’attore irlandese Colm Meaney che, in Stargate Atlantis, ha prestato il volto al personaggio di Cowen, capo del popolo Genii. Ecco a voi l’intervista che abbiamo realizzato…
Conosceva il franchise di Stargate prima di lavorare allo show?
No, non lo conoscevo.
È stato tutto nuovo per lei?
Sì, assolutamente, fu una novità per me.
E le è piaciuto?
Sì, mi è piaciuto! Era molto diverso… la gente spesso parla del fatto che Deep Space Nine fosse una serie più cupa [degli altri Star Trek, ndr]. Quando sono andato a fare Stargate ho pensato che fosse così, decisa, un po’ più cupa e… diciamo, con un’idea del futuro un po’ meno rosea rispetto a come lo avesse immaginato Star Trek.
E qual è stato l’aspetto che ha preferito dell’essere sul set di Stargate Atlantis? Gli altri attori?
È stato parecchio tempo fa, ho solo fatto un episodio, giusto?
Tre, due nella prima stagione e uno nella seconda stagione. Anche se nel secondo episodio, in ordine temporale, compare solo in un flashback.
Davvero? Cavoli! Che anno era, il 19…?
Era il 2004.
2004!? Pensavo fosse prima! Il mio ricordo è molto piacevole, gli attori mi hanno accolto benissimo e so cosa si prova ad essere una guest star. Avevamo molte guest star in DS9 e cercavamo sempre di farle sentire benvenute. E non succede sempre: ogni tanto le guest star non si sentono parte del progetto. Ma i ragazzi di Stargate mi hanno accolto in modo molto amichevole e ciò ha reso essere lì molto facile. Poi il personaggio era ben fatto, la sceneggiatura era ben fatta ed è stato divertente interpretare un personaggio un po’ più cattivo rispetto a ciò che avevo fatto in precedenza.
Quando ha interpretato Cowen, lo ha interpretato come un cattivo o come qualcuno che voleva semplicemente salvare il proprio popolo?
Penso che sia la seconda opzione. Era una persona che voleva salvare la sua gente, ma era anche preparato a fare qualsiasi cosa per farlo. Sotto certi aspetti è simile al personaggio che ho appena interpretato in Hell On Wheels, che è ambientato negli anni ’60 del 1800, una serie che ho fatto per la AMC. L’abbiamo finita l’anno scorso, dopo 5 anni, e parla della costruzione della prima ferrovia attraverso l’America nel 1800. Il personaggio che ho interpretato, Thomas Durant, è il proprietario della ferrovia ed è un personaggio realmente esistito, un personaggio storico. Era molto determinato a finire il lavoro, non era necessariamente malvagio o spregevole, però era disposto a fare qualsiasi cosa. Non gli importava di dover uccidere persone, non gli importava nulla se non finire il lavoro. E penso che Cowen fosse un po’ così: il suo obiettivo finale era buono, ma era preparato a tutto per ottenerlo.
Andrebbe mai a vivere su un altro pianeta? Se ci fossero colonie, ad esempio, su Marte?
No. Sarei molto spaventato, no. È molto interessante, non ho paura di volare o cose così, ma l’idea di viaggiare nello spazio mi spaventa un po’. Sono stato in Australia solamente una volta nella mia vita, due o tre anni fa, per un film televisivo girato là, e avevo una sorta di basso livello di ansia costante mentre ero lì. E ci sono stato solamente per tre settimane! Ma cercavo di capire cosa fosse e ho realizzato che era dovuto al fatto che, nonostante fossero solamente 16 ore di volo da Los Angeles, qualcosa dell’essere in Australia mi faceva sentire come se fossi andato sulla Luna. Lontanissimo sia dall’America che dall’Europa. E avevo questa sottile ansia che non sarei mai tornato indietro. Era completamente stupido, lo so. [ride] Quindi l’idea di andare su Marte e vivere in una colonia è… no, grazie. E voi ci vivreste?
Non lo so…
No! Mi piace il mio paese.
Bene, bene! [ride]
Io studio astrofisica, quindi… non saprei.
No, il livello d’ansia sarebbe… c’è un film di Matt Damon, dove è naufrago su Marte…
The Martian.
The Martian, giusto! A mia figlia piace moltissimo, l’ho guardato con lei ed è un ottimo film, mi è piaciuto molto, ma quella cosa di essere bloccato là…
È solitario.
Solitario, esattamente!
Senza nessuno.
Sì, ecco… no, grazie!
Un’ultima domanda: in Italia c’è un piccolo gruppo di fan di Stargate che si ritrova, ma ci sono molte persone che amano Stargate. Questa cosa le fa piacere?
Sì, assolutamente! Ed è lo stesso con i fan di Star Trek. Una cosa che ho imparato facendo DS9 è che molta della filosofia delle persone che lavorano alla fantascienza è positiva. Persino il fatto che immaginiamo di avere un futuro… potremmo anche non averlo se collassasse il nostro ecosistema, chi lo sa? Ma il semplice fatto che pensino che un futuro ci sia è molto positivo, è molto buono. E di solito le persone che pensano in quel modo, hanno idee progressiste, idee buone, e penso che sia fantastico. Se gli show sono ben scritti e ben realizzati come Stargate e Star Trek e altri, penso sia una cosa molto positiva, e la risposta delle persone è fantastica.
È lo stesso concetto dell’astrofisico Neil DeGrasse Tyson, il quale sostiene che negli anni ’60, grazie al fatto che siamo arrivati sulla Luna, ci fu molto più progresso: la gente voleva fare di più perché finalmente potevamo raggiungere un nuovo limite oltre a quello umano.
Sono d’accordo, penso che sia molto vero.
Quindi Stargate, Star Trek…
Creano un’ambizione.
Esatto, e danno uno stimolo…
Per raggiungere più obiettivi, sì.
E il personaggio di Cowen dei Genii in Stargate Atlantis è il primo “cattivo” della serie, e non è un alieno, è un umano. E questa cosa lo rende memorabile.
Sì, è fantastico, anche se mi ricordo appena di averlo fatto! [ride]
Per questa ragione noi dello Stargate Fanclub Italia siamo onorati di offrirle la membership onoraria al nostro fanclub. [consegnano l’attestato]
Oh, grazie mille! E’ fantastico. “L’Italia ama Stargate”, grazie mille, lo apprezzo moltissimo! Teniamolo nella busta, così non ci verso il caffé! [ride] Grazie mille!
Estratto dell’intervista pubblicata sulla Midway Station #2 nel 2017.